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Il Dissalatore sul Fiume Tara: La posizione del FAI

L’importanza dei fiumi come patrimonio culturale e ambientale

I fiumi non sono solo corsi d’acqua: sono arterie vitali di un territorio, simboli di cultura, identità e patrimonio territoriale. Per millenni, hanno modellato il paesaggio, nutrito ecosistemi e ispirato poeti, filosofi e comunità che sulle loro rive hanno trovato sostentamento e significato.

Il Tara, pur meno noto del Galeso nelle opere letterarie, è profondamente radicato nella tradizione locale. Associato alla leggenda di Taras, figlio di Poseidone e fondatore mitico di Taranto, il Tara non è solo un fiume, ma un simbolo dell’identità e della storia della città. Come ogni corso d’acqua, contribuisce alla biodiversità del territorio, nutre la vegetazione locale e crea un microclima indispensabile per l’equilibrio ambientale di un’area già fortemente compromessa dalla presenza dell’ILVA e del bacino militare della Marina. Proteggerlo significa preservare la memoria e la bellezza di un territorio che appartiene non solo a chi lo abita oggi, ma anche alle generazioni future.


Il progetto del dissalatore e le riserve del FAI

Il FAI sostiene le riserve espresse dal Comitato per la Difesa del Territorio Ionico riguardo alla realizzazione del dissalatore sul fiume Tara. Questo progetto, approvato dall’Autorità Idrica Pugliese per contrastare la crisi idrica derivante dal cambiamento climatico, prevede la costruzione del più grande dissalatore d’Italia. L’impianto produrrà 630 litri di acqua al secondo per soddisfare il fabbisogno di 385.000 persone, con un finanziamento di circa 82 milioni di euro, parte dei quali provenienti dal PNRR. Tuttavia, non si è tenuto conto dell’impatto che quest’opera avrà sul delicato equilibrio ambientale del fiume.

Criticità principali del progetto

  1. Gestione energetica e consumo di suolo agricolo
    • L’impianto richiede la costruzione di un parco fotovoltaico “a terra”, sottraendo suolo produttivo al comparto agricolo tarantino, un tempo noto come “l’orto dei Romani”.
    • Saranno espiantati numerosi ulivi secolari, anche all’interno dei terreni produttivi della Masseria Carmine.
  2. Interventi invasivi
    • Saranno installati oltre 14 km di condutture di adduzione lungo il tracciato del Tara, un’area già colpita dalla xylella.
    • La posizione del grande serbatoio di accumulo dell’acqua trattata non è stata resa nota, né il recapito dei residui derivanti dalla dissalazione, che potrebbero danneggiare irreversibilmente l’ecosistema marino.
  3. Mancata chiarezza sui benefici
    • Non è chiaro quale parte della popolazione potrà beneficiare dell’acqua trattata.

Le proposte del FAI

Il FAI ritiene che l’impianto, sia per localizzazione che per impatto, non sia necessario. A fronte della crisi idrica, propone:

  • Ristrutturare e ampliare la rete esistente, che a causa della vetustà e della mancata manutenzione presenta perdite idriche vicine al 50% della capacità.

Un precedente simile: Il Fiume Chidro

La vicenda del Tara ricorda quanto accaduto per il fiume Chidro nel Comune di Manduria, dove un grande invaso costruito circa 40 anni fa si è rivelato un ecomostro oggi abbandonato. Tuttavia, un progetto di rinaturalizzazione ha trasformato l’area del fiume Chidro in un’iniziativa di ecoturismo all’interno del parco naturale orientato tarantino.


La Presidenza Regionale FAI e la Delegazione FAI di Taranto